La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha senso. Che abbia successo o meno. (Vaclav Havel)

L’imprevedibile disgregazione del governo, dell’esercito e dello stato afgano si è rivelata una non-notizia, perché informandosi meglio si è scoperto che: 1) erano una costruzione precaria, sempre sotto attacco; 2) il disfacimento ha iniziato a correre più veloce un anno e mezzo fa, dopo gli accordi di Doha del febbraio 2020. Se ne ricava che la sorpresa si sposta: non riguarda più il crollo del regime afghano, ma l’incapacità di gestirne le conseguenze ultime, in ordine di tempo! Ci ritroviamo di fronte a un errore di comprensione della realtà da parte di USA e NATO che è incompatibile con la nostra profonda convinzione di essere governati da apparati razionali ed efficienti. Forse bugiardi e cinici, sensibili agli interessi economici nazionali/occidentali più che alle ragioni della democrazia e dei diritti umani, ma comunque razionali ed efficienti da un punto di vista tecnico-operativo. È un po’ come scoprire che i nazisti non sanno far funzionare un campo di sterminio … ti crolla il mondo addosso!

Viene in aiuto un’altra versione: imprevedibile non era il crollo del regime afgano, ma la velocità con cui si sono mossi i Talebani per occupare il territorio e mettersi in una posizione di forza, creando imbarazzo agli USA e mettendoli sotto pressione.

Alla fine è un sollievo sapere che “il paese è stato scientificamente consegnato ai Talebani 18 mesi fa” (Dario Fabbri di Limes nella trasmissione di Radio3 Tutta la città ne parla del 17/8 – 01:11:25) e quindi che sì, c’è stata un po’ di cialtroneria nell’organizzare la partenza, ma per il resto va tutto come era stato programmato dai nostri alleati-padroni.

Tranquilli: ci sono cose che non capiremo mai! La politica internazionale è il regno dell’opacità e del tradimento, la democrazia non è mai riuscita a metterla davvero sotto controllo!

Tommaso Claudi (persona dalle indubbie qualità morali per il coraggio e per la dedizione alla causa) viene definito “console” a Kabul. L’ambasciatore, intanto, a differenza di altri colleghi, se n’è andato dall’Afghanistan… leggete l’articolo su Left: https://left.it/2021/08/24/il-fondotinta-sulla-narrazione/